Dalla politica anticrisi passiva ad una attiva

 

Di Carlo Pelanda (2-3-2009)

 

Siamo vicini o lontani dal punto di inversione della crisi globale? I dati economici pubblici di questi giorni lo fanno pensare molto lontano. Ma questi fanno riferimento a fenomeni che si sono verificati, per lo più, tre mesi fa. Il mio gruppo di ricerca (Globis, Uga) include nelle basi dati per gli scenari anche indicatori esotici che, pur imprecisi, rappresentano comunque le tendenze in tempo reale. Da questo tipo di analisi è emerso pochi giorni fa che la crisi globale sta rallentando. Attenzione, questo non vuol dire che il peggio, sul piano degli impatti, sia passato. Ma la caduta dei numeri economici complessivi appare più lenta, cioè meno angolata verso il basso, graficizzando, di quella registrata da settembre a febbraio. Vuol dire che siamo abbastanza vicini ad un punto di inversione e che ci stiamo allontanando da quello di catastrofe, pur non ancora escludibile. Invito governi e colleghi a verificare il dato qui ipotizzato perché se venisse confermato sarebbe un motivo per cambiare il tipo di politiche anticrisi, particolarmente in Europa. 

L’economia globale è retta da quella americana che, in simbiosi con la cinese, tira ed assorbe le esportazioni da tutto il mondo. La crisi recessiva è “sincronica”, dappertutto, proprio perché a settembre vi è stato il cedimento del mercato statunitense, il centro del mondo. La ripresa avverrà solo dopo la sua ricostruzione perché non ci sono sistemi economici nazionali o regionali capaci di sostituire la locomotiva americana. Se non ripartirà, la recessione mondiale spiraleggierà verso il basso. La caduta del Pil americano sta rallentando. Forse nel primo trimestre 2009 sarà di poco inferiore a quella spaventosa del quarto 2008, ma a fine giugno i numeri saranno migliori e in autunno o ai primi del 2010 dovrebbe esserci l’inversione. Tale scenario è stato recentemente presentato da Bernanke, presidente della Fed, ma condizionandolo alla soluzione rapida della crisi bancaria. Tuttavia, la crisi sta rallentando comunque in molti settori dell’economia americana, prima degli interventi governativi, probabilmente perché sta raggiungendo il suo “sfogo naturale”. Quando le pur caotiche misure di Obama verranno applicate, l’effetto ripresa si velocizzerà. Anche in Cina la recessione appare in rallentamento, in Europa i dati sono misti. Ma l’America, pur in ripresa tra qualche mese, non trainerà il globo con la forza che ha avuto nel passato perché ha bisogno di almeno un triennio per riorganizzarsi e probabilmente non sarà mai più come prima perché non potrà reggere maxicrescite via megasquilibri. Ciò significa che le altre grandi economie, finora sovra-adattate allo sviluppo trainato dall’export – Cina, Giappone, Germania ed Italia - dovrebbero fare più crescita interna per unirsi all’America nel ruolo di locomotive multiple capaci di mantenere elevata la domanda globale. Gli asiatici lo stanno tentando, ma non possono cambiare in poco tempo il modello di dipendenza dall’export. Gli europei lo potrebbero, ma nemmeno lo tentano, le loro politiche calibrate per il contenimento della crisi, ma non per la ripresa. Tale passività è figlia di un modello ingabbiato da eccessi di statalismo e da restrizioni per la stabilità monetaria. Evita catastrofi durante il picco di crisi, ma non favorendo la ripresa fa durare la crisi stessa. Ora che l’inversione inizia a fare capolino la giusta politica anticrisi sarebbe quella attiva, cioè un megataglio di tasse ed un nuovo Patto di stabilità che permetta deficit e debito maggiori per 3 anni allo scopo di sostenere la macroleva fiscale stimolativa. Tale azione avrebbe la capacità di sincronizzare il punto di inversione in America ed in Europa, anticipandolo, con aiuto reciproco e con un effetto stimolo moltiplicato nel sistema globale. Se, invece, resteremo alle politiche passive anticrisi e fermi sull’attuale Patto di stabilità, la recessione continuerà in Europa nel 2010, la ripresa sarà lenta, la crisi bancaria peggiorata dalle insolvenze ed il mercato globale rimarrà a mezza velocità. In conclusione: (a) l’Europa è una potenziale co-locomotiva globale, necessaria per integrazione di quelle americana cedente e cinese limitata; (b) nel momento in cui la crisi rallenta  - pur gli impatti devastanti continuando per mesi   -  deve passare da una politica anticrisi passiva ad una di megainvestimento stimolativo, la leva fiscale il meglio per efficacia. Spero che il governo valuti queste considerazioni come presidente di turno del G8 e attore primario della Ue.

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